All’industria
della maiolica è legata la fama di Vietri in Italia e all’estero,
attività che affonda le radici nel Medioevo, potenziatasi nei
secoli successivi e caratterizzata da una ricerca di motivi originali,
senza rinnegare la propria identità. Grazie alle sue caratteristiche
ed alla sua storia Vietri è considerata uno dei centri di produzione
ceramica artistica e tradizionale, per i quali una recente legge
nazionale prevede la creazione di un proprio marchio che ne tuteli
la produzione e l’immagine. L’artigianato ceramico è stato sempre
uno degli elementi trainanti dell’economia vietrese.
La documentazione scritta più antica risale al sec. XV, quando
venivano prodotte langelle di nuda terracotta. In quegli anni
Vietri è solo uno dei tanti centri di una più vasta realtà produttiva,
che toccava Nocera, Cava, Salerno. Tra l’altro privo della materia
prima, l’argilla, di cui, invece, erano particolarmente ricche
Nocera e Salerno. Ma coi secc. XVI-XVII si assiste ad una evoluzione
della struttura produttiva vietrese in chiave protoindustriale.
La felice posizione di Vietri sul mare all’interno del commercio
tirrenico, il diretto rapporto degli opifici con la spiaggia,
centro gravitazionale della locale economia, il naturale apporto
idrico che alimentava la forza motrice degli opifici, le retrostanti
colline ricche di legname, la formazione di una locale classe
imprenditoriale molto attiva, particolarmente legata al commercio
con la Sicilia, la Sardegna, la Toscana, la Liguria, sono tutti
elementi che favorirono lo sviluppo delle locali faenzere.
Caratteristiche sono state le fornaci a tre piani, affidate alla
protezione di Santo Antuono, che sfornavano migliaia di piatti
e vasellame vario, riportanti motivi decorativi locali, che riprendono
scene agresti, richiamando i colori locali. I motivi decorativi
tradizionali si rifanno ad una realtà arcadica, al di fuori del
tempo e dello spazio, schematizzati nel segno del particolare
decorativo. Pastori e contadinelle, paesaggi agresti, chiesette
di campagna, casolari, animali che popolano lontane foreste, estranee
al reale paesaggio vietrese, fatto di sole e di macchia mediterranea,
che si staglia sul fondale azzurro del cielo che si fonde col
mare.
Sono questi i colori ripresi dalla tavolozza vietrese, filo conduttore
d’una tradizione che si rinnova, nel decoro e nella forma, ma
che non tradisce mai la qualità della materia, legata alla corposità
dello smalto ed alla velocità delle ampie campiture di colore,
alla cui stesura si adattano il gesto veloce della spugnetta o
del pennello e l’agile gioco del polso. Sintesi creativa, immediatezza
di immagine, colori che si accostano per contrasto e non per sovrapposizione
sfumata, questi i caratteri che segnano il cammino della produzione
vietrese, anche quando, sull’elemento locale, si innesta, dagli
anni Trenta del sec. XX, l’apporto di artigiani ed artisti stranieri,
olandesi e tedeschi in particolare.